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Restyling pesante in vista per ddl Turco sull’ intramoenia

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Studi in ospedali o in strutture limitrofe, sanzioni e poteri sostitutivi per gli ospedali inadempienti

Il disegno di legge del ministro della Salute Livia Turco rischia di subire un vero e proprio restyling a Palazzo Madama, dove dovrebbe approdare già a partire dalla prossima settimana in Commissione Sanità. Il diessino Ignazio Marino, presidente della Commissione mostra infatti di avere le idee chiare, benché eviti di sbilanciarsi troppo sulle possibili modifiche che il Senato potrebbe introdurre. A differenza del senatore dell'Ulivo Paolo Bodini, che invece è molto chiaro: "il Ddl è debole, avrebbe bisogno di una bella fleboclisi affinché al suo interno vengano iniettate le conclusioni dell'indagine conoscitiva sulla libera professione intramoenia dei medici, realizzata dalla Commissione Igiene e sanità del Senato". Ed è proprio partendo da questa indagine che Marino indica i punti chiave che il provvedimento dovrebbe contenere. "Riportare la libera professione intramuraria negli ospedali - afferma - attuando un controllo amministrativo e gestionale rigoroso. Occorre censire tutte le strutture per capire lo stato attuale delle cose, e far sì che gli ospedali che hanno gli spazi necessari per realizzare studi ad hoc lo facciano e in fretta. Solo in quei nosocomi dove, di fatto, mancano gli spazi necessari, diventa accettabile l'idea di portare la libera professione fuori dalle mura ospedaliere. Ma è necessario - prosegue Marino - che gli studi vengano realizzati in strutture limitrofe, per far sì che al paziente venga garantita la continuità delle cure. Continuità delle cure - prosegue Marino - si traduce in maggiore sicurezza per il paziente. Se chi ha subito un intervento viene visitato in una struttura limitrofa all'ospedale dove è stato operato, è chiaro che in caso di complicanze potrà essere visitato in tutta fretta dal medico autore dell'intervento”. Sì dunque a strutture esterne a un passo dall'ospedale, ma con qualche riserva. "Oltre la metà dei fondi destinati alla realizzazione di spazi per la libera professione all'interno delle mura ospedaliere - ricorda infatti Marino - non è stata utilizzata. Occorre certificare che non ci siano davvero spazi disponibili prima di optare per strutture esterne”. E ad accertare che, di fatto, lo spazio necessario negli ospedali manca, non devono essere solo le Regioni, "ma anche il ministero della Salute". Anche perché "c'è il sospetto che gli spazi utilizzabili negli ospedali siano molti più di quanto immaginiamo". A vigilare, poi, sull'adeguatezza degli spazi che le strutture sono disposte a mettere a disposizione della libera professione dovrebbe esserci "un collegio di medici con il compito di definire la congruità della struttura”. Sanzioni, poi, per chi non realizza studi destinati alla causa. “Occorre individuare - sottolinea infatti Marino - un meccanismo di sanzioni che ci consenta di portare avanti l'intramoenia all'interno degli ospedali. Non escludendo, naturalmente, il commissariamento ad acta per quelle strutture che si faranno trovare impreparate, come previsto dal dl Bersani”. La Fp Cgil medici, da parte sua, chiede scadenze precise, sanzioni e poteri sostitutivi che impegnino Governo, Regioni e aziende sul fronte della libera professione intramoenia dei medici pubblici. E rimprovera al provvedimento di essersi limitato a tracciare linee guida cui attenersi, senza essere entrato nel merito di paletti e regole certe. "La formula contenuta nel Ddl - spiega Massimo Cozza, segretario nazionale Fp medici Cgil – altrimenti si rischia di fare un altro buco nell'acqua, perché si lascia alle Regioni la completa responsabilità dell'attuazione dei principi che si è limitata a definire. Non ha funzionato per otto anni, compreso l'ultimo successivo alla prima proroga della conduzione Turco, e non si vede perché questa volta dovrebbe funzionare. Si tratta di atti disattesi in una parte delle aziende sanitarie per anni, nel disinteresse generale - incalza Cozza - non si capisce perché questa volta le cose dovrebbe filare per il verso giusto". Per questo, il sindacato chiede al Parlamento di introdurre nel testo del Ddl "un cronoprogramma con tempi certi, l'affidamento alle Regioni del controllo sugli stati di avanzamento dei progetti di rientro aziendali, l'obbligo di adottare interventi sostitutivi, e la previsione di adeguati regimi sanzionatori" per chi non rispetta regole e tempi.
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