IL GOVERNO FA FUORI GLI AVVOCATI
L'esecutivo a sorpresa li caccia dai Consigli giudiziari
“Fanno il gioco delle tre carte”. E’ l’accusa al governo del vicepresidente della Commissione giustizia del Senato, Roberto Manzione (DL), avvicinato a margine dei lavori della commissione in cui si è registrato uno scontro al calor bianco con l’esecutivo sulla riforma dell’ordinamento giudiziario. A far insorgere Manzione e i senatori della maggioranza e dell’opposizione, la decisione del governo di ripresentare un emendamento al testo del relatore, su cui peraltro in precedenza sembra era stato raggiunto un accordo, sulla presenza degli avvocati nei Consigli giudiziari, e che in particolare prevede che non siano più “membri di diritto”, e quindi non potranno più avere alcuna voce in capitolo sulla valutazione dei magistrati. La decisione del Governo di ripresentare l’emendamento ha fatto di nuovo andare su tutte le furie i senatori del centrosinistra che hanno votato sì, come spiega Felice Casson (Ds), “solo per disciplina di gruppo” e ha portato “alla rottura definitiva” con l'opposizione. “Quello che è successo oggi – ha sottolineato il presidente dei senatori dell'Udc Francesco D'Onofrio - è davvero gravissimo. Il rapporto tra magistrati e avvocati è una cosa delicatissima. E la decisione del Governo di portare avanti questa posizione comporta per noi la rottura totale. Siamo totalmente in disaccordo. La componente magistratuale del Governo, in accordo ovviamente con la componente magistratuale della commissione giustizia del Senato ha portato a questa rottura definitiva”. Manzione che, con il sottosegretario alla Giustizia Luigi Scotti, era già entrato in rotta di collisione con il Governo che aveva deciso di presentare dei sub-emendamenti sulla collocazione fuori ruolo dei magistrati e sulle dirigenze amministrative che di comune accordo, nei giorni scorsi, si era invece deciso di stralciare dal provvedimento. Per il resto, in commissione è stato approvato un emendamento del governo che prevede che siano considerate considerate 'sedi disagiate': tutti gli uffici giudiziari nei quali risultano ancora posti vacanti superiori al 15% negli ultimi due anni, quelli che hanno un numero considerevole di processi pendenti, tra civile e penale, soprattutto per quanto riguarda la criminalità organizzata, e quelli nei quali ancora non sono stati coperti i posti per i quali e' stato previsto un concorso. E' stata accolta così la richiesta avanzata dal senatore dei Ds Felice Casson di non considerare 'sedi disagiate' solo quegli uffici giudiziari presenti in determinate Regioni. Nel testo messo a punto dal relatore Giuseppe Di Lello (Prc) era previsto infatti un elenco di Regioni i cui uffici giudiziari dovevano considerarsi tutti 'sedi disagiate'. E nell'elenco si parlava di Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna.