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Quote rosa tra i professionisti

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La proposta a Roma nel corso di un convegno sulle donne giuriste

Aumentano di numero negli studi professionali italiani eppure continuano a guadagnare la metà dei loro colleghi uomini. Inoltre, quanto più si abilitano a una professione, tanto più sono assenti dai ''posti chiave'' e di vertice di Consigli Nazionali e Ordini. Sono le professioniste - tra avvocati, commercialisti, ingegneri e architetti - che secondo i dati delle Casse di previdenza professionale, costituiscono, degli oltre 1,8 milioni di iscritti a Ordini o Collegi, quasi il 40% degli avvocati e dei consulenti del lavoro, il 35% dei medici, il 30% degli ingegneri e oltre un quarto dei circa 4.500 notai. Del panorama femminile nelle professioni si è discusso oggi nella sala delle Colonne di Palazzo Marini nel corso del convegno ''Noi donne giuriste: esperienze a confronto'', organizzato dal Consiglio nazionale forense, Consiglio del Notariato e Ministero della Giustizia. Tra i punti nodali del dibattito, il fatto che nonostante i numeri le donne rispetto ai colleghi uomini continuano a guadagnare di meno: se le avvocatesse guadagnano, in media, meno di 25 mila euro, gli uomini sfiorano quasi 60 mila. Non è diverso tra le commercialiste (33 -736 euro) rispetto ai colleghi (quasi 70 mila euro), le delle donne architetto (circa la metà rispetto a quello dei maschi) o tra gli ingegneri dove il reddito dichiarato dagli uomini è assai più del doppio rispetto alle donne che svolgono la stessa professione. Un problema di ''discriminazione'' o di visibilità mancata, sta di fatto che, se cambia il mercato dei servizi professionali, non cambia il pregiudizio nei confronti del ''gentil sesso''. Tre le sessioni dedicate al confronto di esperienze (''Donne e Magistratura: un percorso durato 40 anni, cammino verso il futuro''; Donne e notariato: un ruolo sociale''; ''La difesa dei diritti delle donne e donne alla difesa'') per una riflessione comune e condivisa, anche con i colleghi uomini, sul passato, presente e futuri sviluppi del ruolo della donna giurista, al fine di accelerare la caduta di quelle barriere che ancora oggi impediscono la realizzazione delle pari opportunità nel lavoro tra donne e uomini, anche nelle professioni giuridiche. Da qui la proposta che viene dal sottosegretario alla Giustizia Daniela Melchiorre di istituire una Commissione bicamerale che valuti se l'applicazione dei singoli provvedimenti legislativi all'esame del Parlamento possa determinare discriminazioni tra uomini e donne. Melchiorre lancia anche l'idea delle quote rosa al Csm e negli ordini professionali. Un'ipotesi che per quanto riguarda il Consiglio superiore lascia un po’ scettico il suo vice presidente Nicola Mancino (''non credo che con questo strumento possa migliorare la presenza delle donne nei diversi organi''). Per rafforzare la partecipazione e, dunque, il peso delle donne nella giustizia, la strada e cioè la vera ''sfida'', secondo il vice presidente, è quella della ''realizzazione di concrete flessibilità nella prestazione lavorativa e, soprattutto, di strutture di servizio e assistenza che rendano possibile un equilibrio tra responsabilità familiari e responsabilità lavorative''.
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