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La battaglia delle qualifiche

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Alla vigilia del varo del decreto di recepimento della Zappalà, continuano le polemiche tra ordini e associazioni.

di Emanuele Bonini
Da una parte i professionisti qualificati, dall’altra chi professionista qualificato lo vuol diventare. I primi vogliono rimanere i soli ad essere riconosciuti senza dover incorrere alla concorrenza di altri or-dini, i secondi vogliono poter accedere all’interno del mercato nel rispetto della mobilità professionale garantita dal processo di liberalizzazione. La riforma delle professioni e il decreto di attuazione della direttiva sulle qualifiche professionali restano una terreno di scontro aperto tra i fautori di un cambia-mento e di un ammodernamento del settore dei servizi e chi invece teme che mettere mano ad un rior-dino delle professioni significhi dare vita a “categorie non regolamentate”. Le prime contrapposizione si registrano a Montecitorio, dove l’on. Maria Grazia Siliquini, membro della commissione Giustizia, non nasconde le proprie preoccupazioni: “Abbiamo il forte timore che, con il recepimento della direttiva 36/2005 CE che riconosce le qualifiche professionali (c.d. Zappalà), in realtà si miri all’obbiettivo sostanziale di ‘riconoscere’ in modo surrettizio tutte le associazioni at-tualmente non riconosciute, che chiedono di sedere ai tavoli delle conferenze di servizi. Non è giuridi-camente accettabile che mentre il parlamento sta trattando la materia della riforma delle professioni, fi-nalizzata anche ad individuare i criteri e i principi generali per il riconoscimento delle associazioni, dall’altra parte il governo, con la proposta dell’atto n.134 (di cui è stato chiesto il parere alle competen-ti commissioni), preveda automaticamente la partecipazione di qualunque associazione sulla base di criteri indicati dallo stesso governo, peraltro del tutto generici e non qualificanti”. A livello istituziona-le il dibattito prosegue con l’ulivista Pierluigi Mantini, anch’egli della commissione Giustizia, che assi-cura che non ci sarà alcun “mostro”. “Le professioni non regolamentate sono e saranno regolamentate, è del tutto ovvio. Sono riconosciute alcune nuove professioni, non è che possiamo rimanere in una giungla. È interesse di tutti. Non ci saranno deleghe in bianco sulla riduzione degli ordini. Ci sarà piuttosto un principio d’accorpamento di professioni simili, saranno mantenute le riserve”. La contrapposizione tra “favorevoli” e “contrari” ad una riforma delle professioni si estende anche fuori dalle sede istituzionali e com’è logico, arriva all’interno delle categorie. Così per il presidente del Cup Piemonte, Amos Giardino, il voto espresso dalle Commissioni riunite della Camera dei Deputati Giustizia ed Attività Produttive che ha approvato lo schema del decreto legislativo di attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, “introduce di fatto il ri-conoscimento surrettizio di tutte le associazioni, portandole così ai tavoli europei, alla pari di Ordini e Collegi, senza alcun serio criterio di regolamentazione, permettendo il riconoscimento implicito e gene-ralizzato delle associazioni”. Di parere analogo anche il presidente dell’Adepp, Maurizio De Tilla, per il quale si rischia di incentivare la nascita di professioni non regolamentate. Di tutt’altro avviso il presidente nazionale della Lapet, Roberto Falcone, secondo cui “il provvedi-mento si colloca tra gli interventi riformatori diretti ad assicurare la concorrenza nel settore dei servizi sotto il profilo del più ampio ed agevole accesso dei consumatori agli stessi, garantendo al contempo la qualità ed il contenimento del costo. Sono state dette e scritte parole troppo pesanti e fuori luogo”, pro-segue Falcone. “Si è parlato di ‘scorciatoie’, di ‘nascita di nuove professioni in modo surrettizio, oltre che di ‘pseudo-ordini’, e persino di una ‘debacle’, di ‘una decisione farneticante e inaudita’. Mi corre l’obbligo di intervenire in qualità di presidente di una delle associazioni senz’albo in cima all’elenco di quelle da riconoscere. Anche per sottolineare l’infondatezza di questi timori. La direttiva- spiega il pre-sidente di Lapet - nasce dall’intento di creare nuovi mercati europei del lavoro, aperti ed accessibili a tutti. Ebbene, che piaccia o no agli ordini professionali, questo percorso è raggiungibile solo e soltanto attraverso il riconoscimento di tutti gli organismi rappresentativi delle professioni. Vale a dire ordini e associazioni. Il tavolo su cui si gioca questa partita, d’altronde, non segue più le regole nazionali, ma deve adeguarsi ad una serie di interventi ben più ampi che interessano prioritariamente la flessibilità dei mercati del lavoro e dei servizi, la semplificazione del vigente quadro normativo, il miglioramento del-la gestione, della chiarezza e della flessibilità del vigente sistema di riconoscimento, il miglioramento dell’informazione e dei servizi ai cittadini, la semplificazione della regolamentazione. In tutto questo, le norme nazionali dei singoli Paesi, soprattutto quelle del nostro, potrebbero essere ostacolo alla libera prestazione dei servizi e alla libertà di stabilimento dei professionisti. Ed è opportuno - conclude Falco-ne - promuovere un’applicazione uniforme della direttiva”. La necessità di dare attuazione alla direttiva sulle qualifiche professionali è stata espressa dallo stesso Roberto Falcone nella lettera inviata al presidente del Consiglio, Romano Prodi, e al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, insieme al presidente nazionale della confederazione delle associazio-ni delle professioni non regolamentate, Giorgio Berloffa. Assoprofessioni chiede che nel recepimento finale della direttiva siano mantenute invariate le giuste osservazioni delle commissioni parlamentari Giustizia e Attività produttive. Una richiesta che, spiegano Falcone e Berloffa, “trova fondamento nella necessità di realizzare al più presto un mercato unico europeo dei servizi professionali secondo quanto previsto dalle strategie di Lisbona (marzo 2002)”. In particolare, i due invitano il presidente Prodi a “preservare la stesura dell’articolo 25 così com’è”, dunque con l’esplicito riconoscimento delle asso-ciazioni professionali. Se da un lato c’è chi preme sull’acceleratore per il recepimento della direttiva delle qualifiche profes-sionali, dall’altro c’è chi invece sul riassetto frena. E’il caso dei commercialisti, che bocciano il disegno di riforma presentato dall’on. Mantini. L’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti (Ungdc) domanda polemicamente: una riduzione del livello dei requisiti minimi che agevoli l’accesso ad un numero superiore di soggetti come può garantire l’innalzamento della qualità dei servizi prestati, a fronte del fatto che un dottore commercialista ha una laurea specialistica ed è sottoposto ad un tirocinio triennale prima di un Esame di Stato di fonte costituzionale inderogabile che ne accerta le qualità? An-cora una volta si omette di ricordare che l’esercizio delle professioni è vincolata ad un Esame di Stato e che è questo e non l’esistenza di un Ordine a vincolare l’accesso. Chi si farebbe operare da un infermie-re? E a proposito di infermieri, a chiedere con forza il riconoscimento delle qualifiche sono anche le pro-fessioni sanitarie. Una richiesta avanzata direttamente il mese scorso dai rappresentanti dei 22 ordini nel corso dell’audizione presso la commissione Sanità del Senato, in cui è stato rivolto esplicitante l’invito a includere nell’atto in oggetto tutte le professioni. A livello medico-sanitario, la contrapposi-zione sembra essere meno netta di quella esistente in altri settori tanto che personale medico e infermie-ristico hanno deciso di confrontarsi in una tavola rotonda. L’Anaao Assomed, l'associazione dei medici dirigenti, ha infatti stabilito di istituire un tavolo permanente di confronto tra medici e rappresentanti delle professioni sanitarie per una collaborazione interprofessionale al fine di“superare le diffidenze e le competizioni tra i vari professionisti che operano nel mondo della sanità” . “I conflitti tra le corporazioni professionali della salute - ha scandito Carlo Lusenti, segretario Anaao - si giocano sui letti dei malati. È il momento di erigere ponti, per relazioni professionali nuove e origi-nali”. “Non vogliamo la prescrizione, né ledere l'autonomia di diagnosi e di terapia del medico - ha ras-sicurato Annalisa Silvestro, presidente dell'Ipasvi (infermieri professionali) - ma auspichiamo che alcu-ni processi di assistenza e presa in carico della persona siano riconosciuti come tipicità delle prestazioni infermieristiche. Bisogna riconoscersi reciprocamente - ha ribadito - senza primazie”.
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