Troppi ostacoli al settore della vigilanza privata
La corte Ue condanna l’Italia
Fare la guardia di vigilanza privata in Italia è troppo difficile. È quanto ha stabilito la Corte di Giustizia europea in una sentenza, spiegando che i requisiti previsti dal Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza italiano per l'esercizio della professione di guardia di vigilanza privata contrastano con i principi comunitari sulla libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi. La Corte ha così accolto il ricorso presentato dalla Commissione Ue, che ritiene che l'Italia, richiedendo per l'attività di vigilanza privata una serie di requisiti imprescindibili, ponga degli ostacoli ingiustificati all'esercizio della professione. In particolare - si legge in una nota - la legge italiana prevede che l'attività possa essere esercitata solo dietro prestazione di un giuramento di fedeltà alla Repubblica italiana, solo dopo il rilascio di un'autorizzazione del prefetto, con validità territoriale limitata, in base anche al numero e all'importanza dell'impresa già operante nel medesimo territorio. L'impresa di vigilanza privata deve avere una sede operativa in ogni provincia in cui esercita e il personale deve essere individualmente autorizzato ad esercitare. L'impresa deve utilizzare un numero minimo o massimo di personale e deve versare una cauzione presso la locale Cassa depositi e prestiti. Infine i prezzi per i servizi sono fissati con autorizzazione del prefetto, nell'ambito di un determinato margine. La Commissione, che ritiene questi requisiti in netto contrasto con il Trattato CE, ha avviato nel 2002 una procedura d'infrazione e, non soddisfatta delle risposte fornite, ha deferito l'Italia alla Corte di Giustizia europea. "La Corte - si legge in un comunicato - stabilisce che i requisiti previsti dal Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza italiano per l'esercizio della professione di guardia di vigilanza privata si pongono in contrasto con gli articoli 43 e 49 del trattato Ce, non essendo giustificate da ragioni di ordine pubblico e configurando, al contrario, un ostacolo per gli operatori non stabiliti in Italia".