3 Finanziarie per pagare la lunghezza dei processi
Lo denuncia il presidente della Corte di Cassazione, Gaetano Nicastro, all'inaugurazione dell'anno giudiziario
“Se lo Stato italiano dovesse risarcire tutti per
l'irragionevole durata dei processi non basterebbero tre Finanziarie”. Lo ha affermato
il presidente della Corte di Cassazione, Gaetano Nicastro, all'inaugurazione
dell'anno giudiziario. Secondo i dati forniti da Nicastro, oggi in Italia per
arrivare alla sentenza nelle controversie civili servono: 340 giorni presso il
giudice di pace, 887 per il primo grado dinanzi ai tribunali e 394 per le corti
di Appello. Tempi che, per il secondo grado, diventano, rispettivamente di 808 giorni e di 1.020 giorni. Per i procedimenti
penali, la giacenza media presso tutti gli uffici si attesta tra i 300 e i 400
giorni, con un picco di 630 per il rito collegiale presso i tribunali e di 603
giorni per le corti di Appello. Termine che diventa di 426 giorni per le corti
di Assise e di 242 giorni per le corti di Assise di Appello. Il presidente
della prima sezione della Corte Suprema riconosce che per una riduzione dei
tempi del processo ''può far ben sperare il fatto che sin dalla conferenza
stampa di fine anno il presidente del Consiglio abbia indicato tra le priorità
della giustizia e che il ministro della Giustizia abbia predisposto le linee
guida di una offensiva legislativa mirante a ridurre i tempi, tanto nell'ambito
penale quanto in quello civile, al fine di rispettare standard indicati dalla Corte
europea, da introdurre per legge nel nostro ordinamento. Purtuttavia - aggiunge
Nicastro, - non basta ovviamente la fissazione di termini, della cui efficacia,
perentoria o ordinaria si potrà discutere, come si fa già per altri in vigore,
o dalla cui violazione possa derivare una responsabilità disciplinare, ma occorre
contemporaneamente che gli uffici siano forniti delle risorse necessarie, umane
e materiali, essendo a tutti noto come nell'anno testè decorso da più parti si
siano levate fondate proteste cui hanno dato spazio i mass media per la mancanza
di fondi per supplire ad esigenze elementari quali i computer e la loro
manutenzione. Gli straordinari del personale e persino, in taluni casi, la
carta per le fotocopiatrici, proteste elevate pressoché da tutti i presidenti
di Corte”. A proposito Nicastro ricorda che alla stessa Corte di Cassazione si
era presentato, nel 2005, il problema del rinnovo degli abbonamenti alle
riviste giuridiche.
* Guido Alpa (Presidente Consiglio
Nazionale Forense): un processo lungo è per sua natura un processo ingiusto e
sotto questo profilo sul piano del monitoraggio della macchina processuale
abbiamo potuto verificare che il nuovo rito civile non ha al momento sortito
l'effetto sperato. La crisi dell'amministrazione della giustizia è un fenomeno
cronico nel nostro paese e non si sono registrati miglioramenti rispetto a ciò
che emergeva dalle relazioni negli anni
passati. Tra le cause della crisi, oltre alle risorse finanziarie insufficienti
e alle carenze del personale anche la confusione e quindi le difficoltà
strutturali create da una legislazione processuale ancora farraginosa e
sistematica, nella quale si contano più di 26 riti. Di qui il grande malessere
che si avverte all'interno della
categoria e le inusitate manifestazioni di protesta degli avvocati. Uno dei
pochi dati positivi è la fase di decollo degli organismi alternativi alla
giustizia togata, come le fasi di conciliazione di mediazione che per larghe
fasce di cittadini hanno sostituito il ricorso alla giustizia ordinaria.
* Michelina Grillo, (presidente Oua): Giù le mani dal giusto processo. La parità tra accusa e difesa
è un principio di libertà che non può essere messo in discussione per la
gravissima e immotivata carenza di risorse. Se mancano i soldi tagliamo gli
sprechi, non i diritti dei cittadini. È
un tentativo che non potrà che essere contrastato. Il giusto processo è un
presidio irrinunciabile di democrazia e di libertà. È incredibile che in un
sistema così gravemente dissestato, si possa attribuire alle astensioni degli
avvocati, soprattutto nel settore penale, i ritardi nella definizione dei
procedimenti in Cassazione. Apprezzabile, invece, la sottolineatura di censura
nella relazione del presidente dei tagli al bilancio per la Giustizia operati
dalla legge Bersani, che noi abbiamo denunciato fin dal primo giorno e sono
stati uno dei motivi determinanti delle nostre astensioni. La relazione del
procuratore generale è anche condivisibile laddove definisce illusorio il
proposito di ridurre i tempi del processo in assenza di un serio e condiviso
piano organico di interventi che richiede la fissazione di obiettivi precisi,
coordinati e in tempi rapidi. Verifichiamo, inoltre, con soddisfazione come le linee guida e i principi di intervento
siano del tutto analoghi a quelli che l’Oua propugna ormai da anni. Al ministro
Mastella l’avvocatura offre le proprie proposte, l’esperienza maturata sul
campo e una collaborazione leale per giungere a obiettivi da tempo ambiti. Gli
avvocati non intendono restare sterilmente legati al passato né negare
aprioristicamente evoluzione e rinnovamento. L’impegno dell’avvocatura italiana
va infatti nella direzione di un recupero di efficacia ed efficienza del
sistema a beneficio del cittadino e nel senso di un equilibrato sviluppo degli
assetti professionali, per garantire professionalità, formazione e qualità, ed
anche futuro ai giovani professionisti. Siamo pronti a lavorare insieme e
quindi ci aspettiamo un invito a breve.
* Oreste Dominioni, (presidente dell'Unione delle Camere Penali italiane). La cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario è oggi solo un'inutile celebrazione. È diventata negli anni una sorta di prova di forza della magistratura. Oggi non è più niente, solo una inutile celebrazione. Oramai è solo l'occasione per fare politica e la cosa assai singolare è che con la recente modifica di questa cerimonia, questo compito è stato trasferito dal Procuratore Generale al primo presidente della Corte di Cassazione. È assai grave che un ruolo politico venga svolto dal giudice di più alto grado che c'è in Italia.
* Gaetano Nicastro (presidente
più anziano delle sezioni della Corte di Cassazione) Vale ancora la pena
celebrare con una cerimonia solenne l'inaugurazione dell'anno giudiziario? Di
fronte al ripetersi, allarmato ed allarmante, di anno in anno, di dati che
evidenziano le disfunzioni della giustizia, è legittimo chiedersi se ha ancora
significato questa pubblica solenne cerimonia, come, del resto, già alcuni sono
chiesti. Ma presenze qui sì autorevoli confermano l'interesse che può avere per
il Paese la panoramica che vi si svolge, se non rimane fine a se stessa, ma
facendo emergere a livello ufficiale, unitamente all'attività della magistratura
ed all'impatto (positivo o negativo) delle leggi che si sono succedute nel
tempo dell'esercizio della giurisdizione, i gravissimi problemi che la attanagliano,
possa essere di stimolo alla loro soluzione.