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l'opinione

Non c’è equità se agli obblighi non si accompagnano diritti

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Lo dicono i dottori commercialisti in tema di riciclaggio

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti torna ad affrontare la questione dell’ampliamento ai professionisti degli obblighi in materia di antiriciclaggio, ricordando come la categoria sia in prima linea tra i soggetti oberati dai nuovi adempimenti a tal fine previsti e chiedendo sia riconosciuta applicabile ad essa la normativa antiriciclaggio con riferimento alle sole operazioni (contrattuali, societarie, bancarie, ecc.) in cui interviene per assistere la clientela allorché in quella sede si effettuino trasferimenti di denaro o titoli rappresentativi del denaro. La logica dell’intervento del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti non è quella di soffermarsi a discettare ulteriormente su singoli aspetti della complessa normativa, per il cui miglioramento sta pur dando tutto il contributo tecnico e giuridico necessario, bensì quella di richiamare l’attenzione del legislatore, ma anche dell’intera società civile, sul perché il nostro Stato sembri dare per scontata l’equità di un’operazione che implica l’assoggettamento di liberi professionisti ad onerosi adempimenti, che vengono ad essi richiesti per il perseguimento di finalità di carattere generale, senza tuttavia riconoscere ai medesimi quella stessa valenza di soggetto esercente attività di pubblico interesse, quando si tratta di ragionare in termini di riconoscimento e di prerogative, anziché in termini di obblighi. Di equità, infatti, in un rapporto così costruito, ve n’è ben poca. I Dottori Commercialisti operano ormai da anni un regime di libero mercato, confidando esclusivamente su quella professionalità che il mercato stesso riconosce loro in modo indiscutibile e sorridendo di fronte a proclami di liberalizzazione delle professioni che per questa categoria costituisce slogan privi di significato, salvo che con essi non si intenda liberalizzare, in un modo che sarebbe inaudito, non già un’attività, bensì il diritto all’utilizzo di un titolo professionale che trae la sua forza e il suo tratto distintivo esclusivamente dalla qualità degli iscritti ai relativi Albi. Se quanto precede non convince, si indichi per favore una sola attività o prestazione professionale per lo svolgimento della quale una società, un ente o un privato cittadino si è mai sentito nell’obbligo di richiedere l’intervento di un Dottore Commercialista per ragioni diverse dalla mera volontà di sentirsi adeguatamente assistito e tutelato nei propri interessi. I Dottori Commercialisti non hanno difficoltà a continuare la propria attività avendo come unica prerogativa quella della loro professionalità, ma non possono accettare di essere considerati soggetti che esercitano esclusivamente funzioni di mera natura privatistica (quando si tratta di discutere di regolamentazione del settore e di abilitazione all’esercizio dell’attività), salvo poi constatare che il legislatore li rende destinatari di onerosi adempimenti, nell’interesse della collettività, alla stregua di altri soggetti nei cui confronti il riconoscimento della rilevanza pubblica dell’attività esercitata è invece fonte di giustificati privilegi e non soltanto di giustificati oneri (quali, ad esempio, i soggetti che operano nel settore del credito, delle assicurazioni, oppure i notai). Se le prestazioni che da sempre costituiscono l’oggetto proprio dell’attività dei Dottori Commercialisti sono riconducibili al novero di quelle la cui regolamentazione risponde anche ad esigenze di tutela dei pubblici interessi, siano esse regolamentate come tali, piuttosto che lasciate nella più totale deregulation. Se invece tali prestazioni non presentano risvolti di carattere pubblicistico tali da giustificarne una seria regolamentazione, siano lasciati in pace gli operatori che tali funzioni svolgono, o quanto meno siano essi coinvolti, nello svolgimento di compiti che rispondono ai pubblici interessi, mediante il ricorso a forme di incentivazione, ossia premiali per chi adempie, piuttosto che mediante il ricorso alla logica di un obbligo (con corollario di pesanti sanzioni amministrative e penali) che non trova appunto rispondenza alcuna da parte dello Stato quando è invece di diritti che si parla. I Dottori Commercialisti non pretendono di avere dallo Stato “esclusive”, ma pretendono di non avere dallo Stato esclusivamente obblighi.
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