Il 2006 anno terribile per gli avvocati
di Guido Alpa (Presidente Cnf)
L'anno appena trascorso è stato un annus horribilis, se si tiene conto delle iniziative del governo, del Parlamento e delle altre istituzioni che si sono abbattute sulla professione forense senza portare alcun apparente beneficio agli interessi che si intendevano tutelare. Con la nuova legislatura e l'avvio delle attività del nuovo governo si è registrata una cesura nel processo di riforma delle professioni che ormai si trascinava da anni. Una cesura traumatica perché nel programma politico dell'Ulivo all'Avvocatura si riservava un ruolo trainante nell'amministrazione della giustizia, accendendo speranze di un rinnovamento accettabile. Al contrario senza alcuna consultazione con il cosiddetto decreto legge proposto dal ministro dello Sviluppo economico si sono anticipate le riforme in modo del tutto inconsulto senza preoccuparsi dei temi centrali e invece si sono soppressi le tariffe minime, il divieto di pubblicità e il divieto del patto di quota lite. Il nuovo governo anziché procedere con un progetto di riforma articolato, graduale e con l'apporto di tutte le categorie interessate, assumeva un'iniziativa autoritaria al fine di scrostare i privilegi delle professioni. Il Cnf non poteva rimanere insensibile al mobbing istituzionale rivolgendosi perciò al Capo dello Stato perché fosse ripristinata la legalità. In particolare una vera e propria aggressione alla professione forense si è avuta nella insistita equiparazione del professionista all'imprenditore. I nuovi progetti di riforma che si differenziano dai precedenti perché riformulano integralmente la nozione di attività professionale intellettuale e organizzano il settore secondo una formula triadica e liberalizzano il mercato riducendo al minimo il percorso formativo e semplificando i requisiti per accedere alla professione. Al di là delle perplessità sulla tecnica legislativa del disegno di legge delega l'obiezione fondamentale è che l'intervento investe tutte le professioni, quelle regolamentate e non, in un quadro unitario senza fare riferimento alla specificità di ciascuna di esse ma rinviando ai decreti delegati. Da non sottovalutare, infine, i pericoli di una visione mercantile della professione che vorrebbe trasformare tutti gli avvocati in famelici esecutori delle direttive dei poteri economici forti, disumanizzati da una concorrenza senza confini.