Istituire un ordine professionale non è spreco di tempo
Lettera aperta a Paolo Baroni (La Stampa)
Gentile dott. Baroni, abbiamo appena finito di leggere il Suo articolo, su La Stampa che probabilmente nasce dalla buona intenzione di informare i cittadini sulle attività apparentemente "inutili" del nostro Parlamento. Concordiamo con Lei sul fatto che esistano proposte di legge più o meno "stravaganti", ma rimaniamo molto delusi e indignati nel leggere che un giornalista, anche se con l'intenzione di informare i cittadini sui presunti sprechi di tempo e di risorse del nostro Parlamento, debba citare come esempio anche la proposta di istituzione del nostro Ordine professionale. Se la Sua ricerca non si fosse basata solo su numeri sommari, facilmente reperibili inserendo alcune parole chiave nei motori di ricerca, ma su un lavoro di documentazione sulla categoria, sicuramente avrebbe appreso che in realtà la proposta per il riconoscimento della nostra professione presentata in questa legislatura non è il frutto di una "stravaganza stagionale", perché la prima proposta risale all'VIII legislatura e altre se ne sono succedute con buona regolarità nelle legislature successive fino a quella attuale. Avrebbe capito che dietro a questa proposta di legge non c'è sicuramente l'intenzione di sottrarre tempo e risorse al Parlamento con una "stravaganza", ma c'è l'intenzione di dare il giusto riconoscimento a una categoria di veri professionisti che svolgono un lavoro la cui importanza è quasi sempre sottovalutata. È fin troppo facile cadere nei luoghi comuni e far leva proprio su questi per creare confusione nei cittadini, ma bisogna anche evitare di fare di tutta l'erba un fascio. Forse nessuno pensa all'importanza della nostra professione, ma tra colleghi ci pensiamo eccome e rimaniamo delusi ogni volta che "gli altri" pensano che la nostra non sia una professione alla quale si accede dopo anni di studio, ma sia semplicemente un passatempo da alternare al cruciverba o alla telenovela. In realtà le cose non stanno così, perché chi svolge seriamente la nostra professione sa che è una delle più antiche del mondo. Gli esempi sulla necessità di riconoscere la nostra professione e tutelare la società tutta si sprecano. Noi siamo presenti nelle aule di tribunale, per fornire il servizio di interpreti, servizio che può determinare, in svariate circostanze, l’assoluzione o la condanna di un individuo. Noi traduciamo quotidianamente documenti legali, dalle sentenze, alle rogatorie internazionali, ai documenti d’identità, agli accordi di cooperazione internazionale, alla documentazione di grandi gruppi privati e pubblici (caso Parmalat, ENAC, solo a titolo d’esempio). Noi traduciamo i manuali d’istruzione, le schede tecniche, i test di laboratorio di grandi apparecchiature che trovano impiego nelle strutture sanitarie di tutta Italia, per una mammografia, ad esempio. Ma anche cartelle cliniche e referti. Noi interpretiamo e diamo voce alle parole pronunciate dai “grandi” della terra, sia nel corso di incontri bilaterali che nel corso di congressi internazionali. Noi traduciamo bandi di concorso per appalti pubblici internazionali, ivi comprese le specifiche tecniche per la realizzazione di grandi opere di ingegneria civile e industriale, come ponti, ferrovie, dighe, impianti di depurazione e altro. Mi preme comunque di sottolineare che, oltre all'utilità del nostro lavoro, spesso viene messa in dubbio anche la responsabilità che ricade sulle nostre spalle, che va ben al di là della lunghezza di un testo. Riguardo le caste... anche in questo caso ci permetta di farLe notare che Le sarebbe bastato per prima cosa leggere con attenzione l'attuale proposta di legge per capire che va esattamente nella direzione opposta e per seconda cosa soffermarsi sui riferimenti alla direttiva cosiddetta Zappalà e alla Gazzetta Ufficiale UE, il tutto contenuto sempre nella proposta di legge per il riconoscimento della nostra professione. È vero, la nostra professione non è ancora riconosciuta però noi ci documentiamo prima di mettere mano alla traduzione e/o svolgere un servizio di interpretariato, meglio ancora, lavoriamo solo nei campi in cui abbiamo una competenza concettuale e terminologica da mettere al servizio del committente.
Antonella Andreella e Pietro Speciale
Presidente e Vicepresidente del “Comitato ALTRINIT”