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l'opinione

Il centrosinistra e l’autonomia delle casse: cos’e’ mai questa sconosciuta?

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Francesco Amoruso. (Deputato di An e vicepresidente Commissione Lavoro della Camera).

«Effettuare un monitoraggio dell'articolo 22 del decreto in esame al fine di adottare, eventualmente, le opportune iniziative volte ad escludere gli enti previdenziali di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996 dalla applicazione della citata disposizione, in quanto non qualificabili quali enti od organismi pubblici non territoriali». L’impegno richiesto al governo in un ordine del giorno al decreto Bersani a firma mia e dei colleghi, sempre di An, Lo Presti e Mancuso, era tutt’altro che sconvolgente. Poiché – così recitava il documento nelle premesse – «da tempo le Casse rivendicano, stante il loro obbligo a sottoporre alla vigilanza del Parlamento i bilanci, la piena autonomia gestionale che deriva loro proprio dai due decreti richiamati» e poiché era «necessario meglio puntualizzare e precisare il principio di carattere privatistico all'interno del quale operano le Casse», a mio parere era logico chiedere al governo di far sì che gli effetti dell’articolo 22 del decreto Bersani, il quale impone stretti vincoli di spesa agli enti non territoriali, non si estendessero anche alle Casse. Il rischio, d’altronde, appare forte. Lo dimostra, da ultimo, l’inserimento delle Casse nell’elenco degli enti pubblici stilato dall’Istat. Cosa ci fosse di male in quell’ordine del giorno – visto pure che quasi due anni fa la Legge finanziaria 2005 inseriva la previdenza tra le materie non sottoposte ad altri tipi di vincoli di bilancio – è un mistero. Fatto sta che prima il governo non lo ha accettato. Poi, dopo la nostra insistenza a metterlo in votazione, la maggioranza parlamentare di centrosinistra lo ha definitivamente bocciato. Non è certo il caso di usare “toni drammatici”. Ma non appare del tutto fuori luogo disegnare scenari inquietanti per la previdenza privata. Chissà che un possibile futuro prelievo forzoso da parte dello Stato nei patrimoni delle Casse non possa diventare realtà. D’altra parte, a dire questo, non sono solo io. Leggendo i giornali e le agenzie di stampa all’indomani dell’approvazione del decreto Bersani, è vero, sono stati altri i temi saliti più alla ribalta dell’opinione pubblica, dalle tariffe minime alla possibilità per gli avvocati di farsi pubblicità. Ma poi, a mente fredda, non è mancato chi ha accennato alla questione previdenza. Ed è una fortuna perché la guardia non va mai abbassata. Nella passata legislatura il centrodestra non è riuscito a fare tutto ciò che avrebbe voluto nel campo della previdenza privata, è vero. Tuttavia alcuni risultati di rilievo, dal nodo totalizzazione all’indennità di maternità per le professioniste, hanno finalmente trovato soluzione. Naturalmente nessuno di noi ha la palla di vetro ed è impossibile dire con certezza cosa farà invece il governo Prodi. Ma se, come vuole la saggezza popolare, il buongiorno di vede dal mattino, allora in questo caso il centrosinistra ha effettuato una falsa partenza. Resa ancor più grave dal fatto che in piena campagna elettorale i suoi esponenti specializzati in materia previdenziale avevano inserito l’affermazione dell’autonomia gestionale delle Casse tra le priorità assolute.

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