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Governo poco chiaro sui farmaci di fascia C

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Federfarma prende carta e penna si rivolge direttamente ai senatori

Oggetto della missiva, firmata dal presidente Giorgio Siri, è la situazione del servizio farmaceutico, dopo la conclusione dei lavori del tavolo tecnico del ministero della Salute e nell'imminenza dell'esame da parte del Senato del terzo ddl sulle liberalizzazioni. La lettera riassume i risultati del lavoro del tavolo tecnico condotto con FOFI e Assofarm (dall'ipotesi di revisione della pianta organica alla possibilità di aumentare i farmaci in libera vendita) per concludere che "si tratta, quindi, di un pacchetto articolato di proposte che, con grande senso di responsabilità nei confronti delle esigenze di ammodernamento del Paese, le farmacie mettono a disposizione del Governo e del Parlamento, come contributo per il rinnovamento del sistema". A fronte di questa disponibilità della farmacia, che si tradurrebbe in un aumento del numero delle farmacie aperte sul territorio, in maggiori elementi di concorrenza e in nuovi servizi per i cittadini, scrive Federfarma, giungono dal Governo segnali preoccupanti. "Al di là delle assicurazioni del Ministro della salute Livia Turco - che pubblicamente ha dichiarato di voler difendere il ruolo delle farmacie al servizio dei cittadini e soprattutto delle fasce deboli, come gli anziani fragili - dalla compagine governativa emergono spinte a confermare una norma che invece sarebbe deleteria per l'intero sistema". Il riferimento è all'arcinoto articolo 2 del ddl, quello frutto dell'emendamento D'Elia, che consentirebbe la vendita di farmaci etici non rimborsati fuori dalla farmacia. "Si tratta di una soluzione che nessun Paese ha adottato: saremmo di fronte a un unicum tutto italiano. Se nessun Paese al mondo ha adottato questa soluzione, evidentemente ci devono essere dei motivi che vanno approfonditi". Infatti si creerebbero due tipologie di farmacia, quella convenzionata e quella non convenzionata che in una prima fase venderebbe solo l'etico di fascia C, ma che, secondo i titolari, in breve otterrebbe anche gli altri medicinali etici. "Le farmacie convenzionate, cioè le farmacie attuali, devono rispettare una serie di regole e vincoli" si legge nella lettera aperta. "Possono, cioè, essere aperte solo nel rispetto di parametri fissati dalla legge per andare incontro alle esigenze di salute della popolazione (numero di abitanti, distanza dalle altre farmacie) e sono assoggettate a una serie di controlli da parte delle autorità sanitarie". Le regole possono richiedere una manutenzione periodica, concede Federfarma, in relazione a modificazioni socio-demografiche: per esempio, a seguito di spostamenti della popolazione. E questo adeguamento è riconosciuto nelle proposte del tavolo tecnico. Al contrario, denuncia Federfarma, "la presenza di farmacie non convenzionate, che potrebbero aprire in base a una semplicissima procedura di silenzio-assenso (come un qualsiasi esercizio commerciale), determinerebbe, invece, la sostanziale deregolamentazione del sistema, al di fuori di qualsiasi logica di programmazione territoriale". Le farmacie convenzionate si troverebbero a dover competere con esercizi aperti in barba a qualsiasi regola, da parte di chiunque, anche di un'azienda produttrice di medicinali, dando luogo a un pericoloso conflitto di interessi. Alla fine, si dice nel testo, le farmacie convenzionate non potrebbero più garantire l'attuale standard di servizio né, tanto meno, "i servizi aggiuntivi (e costosi) che sono richiesti a gran voce dalle autorità sanitarie e dall'opinione pubblica e sono previsti dal disegno di legge "Interventi per la qualità e la sicurezza del SSN", collegato alla Finanziaria 2008". A pagare le conseguenze della deregolamentazione sarebbero soprattutto gli abitanti dei piccoli centri, anche in questo caso soprattutto gli anziani. Infatti, "i titolari delle piccole farmacie rurali, a basso fatturato, come in qualche caso sta già avvenendo, sarebbero i primi a spostarsi nelle grandi città per aprire una ben più redditizia e meno impegnativa attività di farmacia non convenzionata". E allora, conclude Giorgio Siri, "i farmacisti italiani non riescono a comprendere come qualcuno possa sostenere, se non per motivi strumentali, l'utilità della vendita di farmaci con ricetta medica al di fuori della farmacia. Confidano, pertanto che il Senato prenda nella dovuta considerazione le proposte alternative a questa, avanzate dalla categoria per un reale ammodernamento della farmacia". E se questo non fosse possibile ora, si rilancia quanto già proposto da Ignazio Marino, presidente della Commissione Sanità del Senato: stralciare le norme sul servizio farmaceutico e riproporle in un provvedimento specifico da discutere con la giusta attenzione, come logica vorrebbe.
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