Non approvare la riforma delle professioni porta male
La Lapet mette in guardia il futuro legislatore
“Non approvare la riforma delle professioni porta male al governo. Il prossimo legi-slatore è avvisato”. E’ ironica la battuta di Roberto Falcone, presidente nazionale della Lapet. Ma piutto-sto veritiera. Di riforma delle professioni si discute infatti oramai da vent’anni e più, e di provvedimenti in questo lungo frangente se ne sono alternati davvero tanti. Ci hanno provato onorevoli e senatori, tanto quanto economisti e professionisti, in ogni legislatura. Nella XII legislatura, si ricordano il progetto di legge 5092, cosiddetto Flick, e noto anche come legge Mirone, arrivato vicinissimo alla meta, il Casini (6296), il Fini (6642) e, indimenticabile, il Fassino (7452), per la stessa ragione della Mirone. Il 2002, nella XIV Legislatura, fu l’anno della proposta Pistone, A.C. 2767, concerta-ta con i rappresentanti delle associazioni non regolamentate, e delle più fortunate Ruzzante, A.C. 1048, e Mantini, A.C. 2488, e Mantini bis, A.C. 2708. Nel 2003, appena un anno dopo, si aggiunse la proposta del Cnel, calendarizzata nel mese di marzo come A.C. 3685. E sempre nella XIV Legislatura, furono presentate la proposta Biondi (n. 901), la Peretti (1890), la Mancuso (2112), la Polledri-Rossi (2552), la Nania (691), la Pastore (804), la Izzo (1379) e la Battisti (A.S. 1479). Le Nania, Pastore, Battisti, Calvi (1597) e Pasquini (2204) furono poi accorpate nella Cavallaro-Federici, che nel 2005 sarebbe passata all’esame presso la commissione Giustizia del Senato. Mentre il 28 febbraio 2002 fu approvato dalla Camera e poi modificato dal Senato il 4 luglio 2002 il progetto di legge 1707-bg, presentato dall’allora presidente del con-siglio dei ministri, Silvio Berlusconi, e dal ministro per la Funzione pubblica, Franco Frattini, di concerto con il ministro per gli Affari regionali, Enrico La Loggia. Poi arrivò la Vietti, che non trovò l’immediato consenso delle categorie professionali prima della doverosa revisione del 2004, con la Vietti bis. Nel 2005, fu la fine della Legislatura ad interrompere l’iter della Vietti bis, scavalcata nella XV Legislatura dal disegno di legge Mantini-Chicchi partito dalla legge-delega Mastella che, superato il Consiglio dei ministri, approdò alle commissioni riunite Giustizia ed Attività produttive, dove tuttora oggi giace. L’interruzione anticipata del governo Prodi, ha segnato, anche in questa occasione, la caduta di ogni legittima a-spettativa dei professionisti. “Per ben quattro volte – ricorda il presidente dell’associazione nazionale dei tributari-sti – siamo arrivati vicinissimi al capolinea. Con la legge Fassino e con la Mirone, con la Vietti bis, ed infine con la Chicchi-Mantini. E di questi provvedimenti per tre su quattro si è interrotto l’iter legislativo per lo scioglimento prematuro delle Camere. Forse allora – suggerisce Falcone – al futuro legislatore converrà cominciare subito ad operare affinché la riforma delle professioni possa essere approvata nel più breve tempo possibile. Magari sarà di auspicio perché la legislatura arrivi senza intoppi alla sua naturale scadenza. E che i professionisti abbiano finalmente la loro riforma. Un provvedimento, non mi stancherò mai di dirlo, che rientra tra i cambiamenti struttura-li del Paese, senza alcun onere a carico del bilancio dello Stato, ma con innegabili vantaggi in termini di rilancio economico e di tutela dell’utenza”.