Torni a vincere la cultura del merito
di Stefania Ciocchetti (Giunta Aiga)
L’Italia ha sempre evocato nell’immaginario collettivo internazionale l’idea di uno strano Paese: dalla culla della civiltà alla pizza, dalla mafia alle opere d’arte, dall’ inventiva all’indolenza, ecco emergere un popolo pieno di contraddizioni ma anche di risorse, soprattutto umane, che per lo più trovano riconoscimento solo allorquando operano fuori dai confini nazionali. In realtà oggi l’Italia è rappresentata egregiamente dai suoi monumenti: un Paese bello ma immobile, in cui la creatività è erosa dall’incuria e la sua bellezza è simboleggiata dalle rovine del grande Impero, in tutta la loro staticità ed imponenza. Questo viene in mente quando si guarda al sistema socio – politico – economico italiano, in cui sembra esserci un’unica legge che governa tanto il settore pubblico, quanto quello privato: la convenienza dettata dal favore e dal corrispondente ringraziamento. Nessuna fiducia nelle proprie capacità anima gli italiani, che, nella ricerca di un lavoro, solo in minima percentuale ritengono utile mettere in gioco il proprio talento: la gran parte confida su risorse economiche e conoscenze personali e questo senza alcuna distinzione di età. Di qui la brutale realtà di un Paese bloccato nella crescita e nel rinnovamento: i giovani non esistono, appiattiti su logiche vetuste e senza reale futuro. Le origini di questo sistema sono varie ed in molti hanno cercato di individuarle e classificarle, senza che davvero possa farsi luce sulla differenza fra cause ed effetti: il familismo ed il nepotismo, dalle radici affondate nell’antica cultura della famiglia intesa come piccola società a sé stante, basata su complicità e solidarietà che però degenera nell’amoralità e mancanza di senso civico; la scuola che, dal ’68 in poi, interpreta il principio di uguaglianza atto a garantire l’accesso a tutti, in livellamento delle capacità e risorse, senza saper dare stimoli ed opportunità diverse a seconda delle attitudini e dei rendimenti; la mancanza di investimenti nella ricerca che determina la mancanza di miglioramento scientifico, tecnico ed economico; la scarsissima mobilità sociale, che riproduce un sistema di caste mortificante; sistemi retributivi sganciati da ogni parametro di produttività e di efficienza o semplicemente di conseguimento di risultati; una classe politica che continuamente si autopromuove, risorgendo da ceneri di governi precedenti, a prescindere dalle sconfitte subite. Il raffronto con gli altri Paesi è sconfortante, non perché la “raccomandazione” non esista altrove, ma perché non viene eretta a sistema così totalizzante da essere solo autodistruttivo: la degenerazione e le sue nefaste conseguenze, non percepite nel breve periodo ma sicure nel medio – lungo termine, oramai sono evidenti: si assume solo sulla base di “conoscenze” personali, non vi è nessuna garanzia per chi consegue il titolo di studio, a fronte di un’enorme spesa pubblica destinata a scuole ed università vi è scarso livello di istruzione e di apprendimento, l’inadeguatezza della preparazione scolastica ed universitaria ed il ritardo con cui si entra nel mondo del lavoro sono dati che stridono con l’elevato numero di insegnanti e docenti universitari. L’unico dato coerente e costante é l’età media che accomuna politici, docenti, manager: per tutti è molto superiore alla media degli altri Paesi cosiddetti più evoluti, quali Francia, Regno Unito, Spagna, Finlandia e Germania…per non parlare degli Stati Uniti d’America. Come Giovani Avvocati abbiano da tempo intrapreso un percorso, soprattutto di autocritica, analisi e proposte, perché con i fatti si attuino politiche di reale pari opportunità di partenza: da una seria disamina dei meccanismi involuti che caratterizzano l’accesso alla professione, abbiamo avviato un dialogo con gli altri professionisti ed il mondo della giovane imprenditoria, rivisitato e proposto nuovi modelli di formazione, cercato soluzioni per un’adeguata formazione universitaria e professionale in uno sforzo costantemente teso ad abbandonare logiche falsamente protezioniste ed assicurare competenza e qualità. Il “Patto del Merito”, stretto tra giovani professionisti e giovani imprenditori, presentato a Roma il 29 febbraio scorso, attraverso un confronto con le forze politiche ed istituzionali, ne è naturale corollario. Inutile addossare colpe ad un sistema, spersonalizzato e, per questo, deresponsabilizzante: bisogna agire per far comprendere, per coltivare la coscienza e la cultura del merito, della serietà, dell’impegno e del talento, in un costruttivo terreno di concorrenza e competitività, in cui ciascuno abbia la possibilità di mettere in gioco le proprie capacità con coraggio e volontà. Tutto ciò non dipende da astratte regole, ma da ogni singola persona. Abbiamo bisogno di una vera rivoluzione culturale, di cui ognuno di noi è protagonista nell’ambito in cui agisce. Ripararsi dietro “l’ineluttabile” non può essere consentito ed ognuno dovrà rispondere delle proprie azioni in tal senso: solo così il giovane essere umano potrà sconfiggere un sistema, che, mastodonticamente, si muove con la lentezza e la distruttività di un animale giurassico….o siamo anche noi solo dei piccoli ed inutili brontosauri?