Attenti ai segni dei tempi!
di Armando Zingales. Presidente del Consiglio Nazionale dei Chimici.
Il Presidente del Consiglio, Romano Prodi, in una intervista a “El Pais”, ha rivendicato al suo Governo il merito di aver “messo in campo il cosiddetto pacchetto Bersani, per liberalizzare settori come l'avvocatura, le farmacie e i taxi”. Più avanti, facendo riferimento alla manifestazione delle professioni svoltasi a Roma con grande partecipazione lo scorso 12 ottobre, ha dichiarato “In realtà le categorie professionali che manifestano protestano contro il pagamento delle tasse. E per me non cambierebbe niente anche se scendessero in piazza a milioni.” Le parole, anche se pronunciate in una intervista estemporanea, non possono passare inosservate. Attribuire al decreto Bersani/Visco meriti che non ha (e non può avere: per “liberalizzare” l’avvocatura occorre modificare la Costituzione!) non è una mossa particolarmente felice. L’impressione è che all’interno del Governo non vi sia una informazione compiuta sulla natura e sull’ordinamento delle professioni in Italia, oltre che, naturalmente sul peso sociale ed economico che esse hanno. La sequela di luoghi comuni messi in fila nei giorni caldi del decreto Bersani era disarmante. Si parlava di “scarsa concorrenza” quando tutti sanno che le professioni ordinistiche avevano tariffari vecchi anche di venti anni e un numero di iscritti (tra loro in concorrenza) che da soli superano tutti quelli del resto d’Europa messi insieme. Si ha la sensazione che i tariffari sono stati presi di mira dal ministro Bersani non perché rappresentassero una reale distorsione del mercato (e come avrebbero potuto, vista la loro anzianità!), ma perché era necessità politica dare un segnale di forza ed efficienza. In una precedente occasione il Presidente Prodi ha sostenuto che il decreto Bersani ha avuto il merito di superare l’inerzia di un sistema (quello della professioni) che è refrattario al necessario cambiamento. Adesso – lascia intendere – anche i rappresentanti delle professioni sono disponibili a parlare di riforma. Al contrario, i vertici degli Ordini professionali ormai da molti anni hanno affermato e ribadito più volte che desiderano e chiedono al Parlamento di riformare l’Ordinamento e ne hanno dato prova concreta. Ad esempio al tempo in cui il Ministro della Giustizia era Piero Fassino la sua proposta di riforma era stata ampiamente appoggiata dalle professioni. Nella scorsa legislatura il progetto Vietti era stato considerato da tutte le professioni e da buona parte delle associazioni una buona base per la riforma….In ambedue i casi i progetti non sono andati in porto per motivi che non sono certamente ascrivibili alle professioni ed ai loro rappresentanti istituzionali! Affermare che le professioni ordinistiche italiane non vogliono la riforma e che è stato necessario un atto forte ed esemplare per ricondurle alla ragione è semplicemente negare l’evidenza, mostrando in realtà la debolezza di una compagine che, forse, per restare unita ha bisogno di identificare un nemico contro cui marciare. Anche quando il nemico non c’è. Nell’importante manifestazione del 12 ottobre i professionisti hanno ripetuto ancora una volta che sono favorevoli alla riforma, e ne hanno indicato i principi, ormai condivisi da un ampio ventaglio di forze politiche di maggioranza ed opposizione. Non c’è stato un solo intervento incentrato sugli aspetti fiscali della finanziaria. Nessuno ha mai negato che il problema dell’evasione fiscale è “il” problema del nostro Paese. E che ci sono anche dei professionisti che evadono. Così come ci sono dei commercianti, degli imprenditori, e anche dei lavoratori dipendenti con il doppio lavoro in nero che non pagano le tasse dovute. Ci aspettiamo che il Governo affronti il problema con decisione ed equità. In questo momento tuttavia, non abbiamo notizia di fatti concreti in questa direzione, ma soltanto di proclami. I professionisti italiani che democraticamente e civilmente hanno manifestato a Roma, hanno espresso in maniera forte e chiara concetti e parole molto diversi da quelli che il Presidente del Consiglio (secondo “El Pais”) ha attribuito loro. No, signor Presidente, i professionisti italiani non manifestavano per non pagare le tasse ma per la dignità del loro lavoro, e per ottenere un quadro normativo più moderno, più chiaro e comunque rispettoso della storia e delle tradizioni delle professioni liberali nel nostro Paese. Nessuno Le ha chiesto di “cedere alla piazza”, bensì di dare ascolto anche alle ragioni dei cittadini-professionisti che hanno voluto far sapere a tutti, dalla strada, le ragioni delle loro proposte e della loro protesta. Come non era mai accaduto nella storia della professioni italiane. Sarà anche giusto non cedere alla piazza, ma, forse, è più giusto saper cogliere i segni dei tempi.