Una moderna politica fiscale tra rigore e sviluppo
Mario Damiani *
La politica fiscale è rigorosa quando è equa e nel contempo è efficiente, è idonea a realizzare i propri obiettivi, non scoraggia nuovi investimenti e non costituisce ostacolo alla crescita economica. Una politica fiscale rigorosa appresta innanzitutto metodologie e mezzi di efficace contrasto all’evasione fiscale e garantisce l’equità sostanziale in termini di corretta redistribuzione del carico fiscale senza esasperazione della progressività. A loro volta, gli obiettivi di sviluppo vanno perseguiti in primis col contrasto al declino produttivo e tecnologico e poi realizzando condizioni di economicità di sistema soprattutto per le PMI, in termini di investimenti pubblici in infrastrutture per sostenere realmente l’economia delle imprese e di incentivi agli investimenti in ricerca ed innovazione tecnologica da quantificare con semplicità e rigore. La politica fiscale non può servire solo a produrre gettito ma deve esser utilizzata per favorire la produzione di servizi pubblici qualificati e deve sempre consentire al cittadino di verificare l’equazione prelievo vs. efficienza dei servizi pubblici. Decidere quali spese devono essere finanziate attraverso il gettito tributario presuppone una valutazione più complessa circa i confini dell’intervento dello Stato nell’economia e nella produzione dei servizi pubblici. Ogni stato decide in relazione alla propria condizione la combinazione di intervento pubblico che ritiene più adeguata tra produzione pubblica o privata dei servizi pubblici. Se l’efficienza dei servizi pubblici non migliora, com’è avvenuto in Italia, può avvenire che crescano i relativi costi e quindi le tariffe o prezzi con l’effetto che quel maggior reddito verrà eroso per ottenere gli stessi servizi pubblici a prezzi maggiori e quindi che la situazione di benessere dei cittadini rimanga invariata o peggiorata se coesiste con un aumento del costo della vita come ad es. quello correlato all’introduzione dell’euro. Una riduzione della tassazione può perciò innescare un incremento della domanda dei beni e servizi pubblici o privati se l’efficienza dei servizi pubblici necessari aumenta e comunque è tale da non provocare aumento dei prezzi pubblici. Per questa ragione una detassazione può tradursi in crescita economica da aumento dei consumi e quindi della produzione interna se è coniugata col miglioramento dell’efficienza dei servizi pubblici. Ma se questa efficienza non aumenta, la riduzione del gettito potrebbe anche portare lo Stato a ridurre i servizi garantiti, con la conseguente necessità, per il privato, di impiegare in parte o in toto i propri redditi da detassazione per procurarsi alcuni servizi essenziali non più gestiti dall’ente pubblico. Una politica di basse aliquote non è, in sostanza, garanzia di stimolo ai consumi. Una politica fiscale improntata al rigore deve presupporre, dunque, un sistema “giusto” ed efficiente in quanto semplice da applicare e non penalizzante. E un sistema viene percepito come giusto se riesce a coniugare le esigenze di precisione, equità fiscale ed effettività dell’imposizione con quelle di semplicità, efficienza economica, praticabilità ed efficienza dei controlli. In un sistema basato sull’autodeterminazione dei tributi ad opera degli stessi contribuenti, l’evasione fiscale va studiata con riguardo al processo decisionale di tipo economico e razionale che è alla base della teoria dell’evasione tributaria e delle modalità di circolazione della ricchezza. L’evasore è un delinquente per i sociologi istituzionalisti ed è un soggetto dotato di razionalità economica per gli economisti. Occorre allora ricercare una spiegazione razionale del fenomeno per capirne cause e modalità attuative per combatterlo. Non bisogna concentrarsi solo sui profili etico-sociali (biasimo sociale e misure repressive) ma occorre anche analizzare con quali modalità e meccanismi la ricchezza si trasferisce. La teoria dell’evasione postula un confronto tra i benefici dell’evasione in termini di risparmio fiscale, generalmente immediati, ed i relativi costi in termini di sanzione irrogabile sempre differiti e quindi da scontare in relazione alla probabilità di subire una verifica. A sua volta il tasso morale di legalità tributaria dipende dalla più o meno privata o pubblica sensazione (condivisa o meno) di non ricevere adeguati servizi pubblici che l’evasore ritiene di giustificare quale compensazione di quel deficit di servizi. Un livello eccessivo delle aliquote avrebbe anche l’effetto di disincentivare la produttività dei contribuenti dai cui comportamenti dipende il livello di prodotto interno lordo (imprenditoria, lavoratori autonomi e manager). Poiché è accertato che lo sviluppo economico di un paese dipende dal numero delle transazioni che si verificano, esso potrebbe essere favorito anche riducendo il più possibile le imposte sulle transazioni ovvero incentivando la teoria del reinvestimento: ad es. si potrebbero esonerare da imposizione le plusvalenze reinvestite in taluni beni o servizi durevoli idonei alla crescita o ancor meglio ammettere l’ammortamento anticipato dei costi sostenuti per nuovi investimenti qualificati in misura pari all’ammontare delle plusvalenze reinvestite.
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Vicepresidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti.