aa

l'opinione

Ancora una volta no al decreto Bersani

stampa

Maurizio De Tilla

Sono molteplici le ragioni delle contrarietà delle rappresentanze professionali al decreto legge Bersani per la parte che riguarda le professioni. Anzitutto va osservato che, se siamo ancora in uno Stato democratico basato sul principio di legalità e di certezza del diritto, il primo a dover rispettare tale principio è il Governo della nostra Repubblica. Il decreto Bersani si è messo sotto i piedi la Costituzione violando un numero enorme di articoli di cui il Governo ha imperiosamente sospeso la vigenza. Va poi sottolineato che la emanazione del decreto legge Bersani è stata effettuata senza alcuna concertazione. Tale confronto rappresenta, negli ordinamenti costituzionali pluralisti, un fattore importante di legittimazione democratica del processo politico, tanto più rilevante, quanto più questo debba misurarsi con la complessità, la varietà e la struttura organizzativa degli interessi che in esso confluiscono. La concertazione con le categorie è ancor più significativa quanto più il baricentro delle grandi scelte di politica economica tenda a spostarsi verso il Governo. Con il metodo del Governo Prodi vengono sacrificate le dinamiche di democrazia del processo legislativo sotto un duplice aspetto: a) si sacrificano gli spazi di democrazia rappresentativa; b) in considerazione degli stretti margini temporali dell’iter della conversione in legge, si riducono le risorse del contraddittorio nel processo legislativo e del confronto fra le forze parlamentari su temi particolarmente anzi e complessi. Il decreto legge n. 223/2006 viola, inoltre, palesemente l’art. 77 Cost. sotto il profilo della sussistenza del presupposto di urgenza in quanto l’intervento normativo non risulta imposto dall’urgente esigenza di un adeguamento al diritto comunitario in quanto è proprio tale ordinamento ad escludere l’esercizio della professione di avvocato dalle norme della concorrenza (v. risoluzione del Parlamento europeo del 23 maggio 2006; sentenza Corte di Giustizia 19 febbraio 2002, sentenza 17 febbraio 2005). Inoltre i minimi di tariffa, le tariffe obbligatorie forensi e il divieto del patto di quota lite sono dettate a tutela della qualità della prestazione, come ha riconosciuto il Parlamento Europeo nella richiamata risoluzione del 26 maggio 2006, nella quale si sottolinea che le tariffe giudiziali sono poste a garanzia della funzione dell’avvocato e del diritto di difesa. Il decreto legge n. 223/2006, infine, abolisce (con la previsione di nullità) parti essenziali dei codici deontologici frutto dell’autonormazione categoriale che ha un fondamento costituzionale ancora più chiaro dopo l’introduzione, con la legge cost. n. 3 del 2001, dell’art. 118, comma 4, cost., ove si fissa il principio di sussidiarietà “orizzontale”. La Corte Costituzionale – con ripetute pronunce (ord. n. 381 del 2002; sent. n. 137 del 1975), ha più volte affermato che le norme deontologiche per l’esercizio della professione di avvocato (modificate in via invasiva dal decreto legge n. 223/2006), adottate dai competenti organi dell’ordine forense, sono di centrale importanza per la definizione della professione, atteso che “la funzione e la natura della professione di avvocato” debbono essere ricostruite “anche alla luce del vigente codice di deontologia forense”. Lo stesso Parlamento Europeo ha sottolineato che la concorrenza dei prezzi non regolamentata tra i professionisti legali, che conduce a una riduzione della qualità dei servizi prestati, va a detrimento dei consumatori. Inoltre, gli obblighi dei professionisti legali di mantenere l’indipendenza, evitare conflitti di interesse e rispettare le legittime aspettative del cliente, sono messi particolarmente in pericolo qualora gli stessi siano autorizzati ad esercitare la professione in organizzazioni che consentono a persone che non sono professionisti legali di esercitare o condividere il controllo dell’organizzazione professionale con investimenti di capitale o altro, oppure nel caso di paternariati multidisciplinari con professionisti che non sono vincolati da obblighi professionali equivalenti.

ultim'ora

Hacked By attacker >>>


Roma – 26 marzo. Ore 9,30 Sala Conferenze Camera dei Deputati. Dibattito pubblico “La Riforma delle Professioni che vogliamo”. Organizzato da Assoprofessioni. >>>


Cronistoria dell’attacco alle professioni: da Amato a Bonino via Bersani. >>>