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L’AVVOCATURA INTERNAZIONALE E’ CONTRO LA LEGGE BERSANI

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di Maurizio de Tilla (Presidente Adepp)

Nel Congresso Europeo della F.B.E., che si è tenuto a Porto in Portogallo nei giorni 20 e 21 ottobre, e nel Congresso Internazionale dell’U.I.A., che si è tenuto a Salvador de Bahia (in Brasile) nei giorni 2 e 3 novembre, le Avvocature di tutti i paesi del mondo hanno manifestato, con mozioni approvate all’unanimità, sdegno e sorpresa per l’iniziativa italiana di liberalizzazione delle professioni, assunta dal Ministro Bersani e varata dal Parlamento italiano senza che siano stati rispettati principi fondamentali di democrazia rappresentativa che impongono la concertazione con le categorie interessate. Alla meraviglia si sono unite dichiarazioni di sostegno e solidarietà in favore dell’Avvocatura italiana che si è vista modificare il proprio ordinamento senza poter esprimere alcuna opinione, prima durante e dopo il varo del provvedimento legislativo. Certo è che in questa vicenda il nostro Paese non ha fatto una bella figura utilizzando per una prima riforma delle professioni lo strumento del decreto legge e della doppia fiducia parlamentare. In tutti i paesi democratici del mondo che godono di ordinamenti costituzionali pluralisti non era mai avvenuta l’emanazione di un provvedimento legislativo invasivo del mondo del lavoro senza misurarsi con la complessità, la varietà e la struttura organizzativa degli interessi e dei valori dei professionisti. La figuraccia italiana verso l’Avvocatura internazionale ha inoltre formato oggetto di preoccupazione per la deriva antidemocratica che ha imboccato il Governo italiano che si avvia a varare un altro provvedimento legislativo che segna il percorso professionale senza tener conto dell’identità delle professioni. Un modo di fare a dir poco arrogante che ignora la qualità e quantità del ceto professionale e che si ritorcerà certamente nelle prossime consultazioni elettorali. “Non li votiamo più” è la ripetuta dichiarazione di numerosi professionisti che non ne possono più di essere schiaffeggiati da alcuni membri del Governo (per fortuna non sono tutti!). In un puntuale “Manifesto dei lavoratori della conoscenza” Gian Paolo Prandstraller fa rilevare che in tutti i paesi avanzati il sistema delle professioni assume un’importanza enorme attraverso la tutela della difesa dei diritti, della salute, del territorio, del risparmio etc. È quindi evidente la rilevanza costituzionale delle professioni che le pone in una situazione di forte rilevanza pubblica e sociale. Va inoltre considerato che gli interessi dei professionisti non coincidono né con gli interessi degli imprenditori né con quelli dei lavoratori dipendenti. Le professioni non possono essere considerate come imprese rientranti nelle strutture di Confindustria. Analogamente i professionisti dipendenti non possono farsi rientrare nell’assetto del lavoro subordinato tutelato dai sindacati. Di qui l’esigenza connessa alla elaborazione di una politica di “terza forza” (che il Governo vuole ignorare) per poter sviluppare il settore delle professioni nel segno dello sviluppo del Paese. Si impone, pertanto, l’imperativo categorico di porre in essere un’organizzazione unitaria ed autonoma, un “Forum delle professioni” che raccolga gli Ordini, le Associazioni, le Casse di previdenza. In sintesi, il nodo fondamentale da sciogliere è il rapporto tra le professioni ed i poteri forti che penetrano nella politica e ne condizionano le scelte anche con finanziamenti che non sono proprio limpidi e trasparenti. L’intreccio economia/politica è diabolico e condiziona le scelte di sviluppo del nostro Paese. È questa la vera spiegazione della legge Bersani senza concertazione.

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