Formazione
Si è tenuto oggi in
Assolombarda il convegno "Dalla
riforma della crisi alla crisi della riforma" organizzato dalla
Commissione Gestione Crisi d'Impresa dell’Ordine
dei Dottori Commercialisti di Milano.
Tema sicuramente di grande attualità perché proprio in
questi giorni - a un anno dalla sua entrata in vigore - il ministro della
Giustizia presenterà il testo di legge perfezionato al Consiglio dei Ministri.
Sono intervenuti al convegno tutti i principali attori: le
banche, i magistrati, il ministero di Giustizia, Confindustria, il sindacato e
i professionisti.
Le proposte per il miglioramento della legge si sono alternate al tema della prevenzione,
di grande importanza per il risanamento e il rilancio del tessuto produttivo
del nostro paese. La possibilità di salvataggio e risanamento dell'azienda o di
alcuni suoi rami ha infatti ormai assunto un peso dominante rispetto alla
liquidazione dei beni aziendali.
Luigi Martino, presidente
dell'Ordine di Milano, ha aperto il convegno facendo un raffronto tra il clima
di attesa ed entusiasmo all'esordio della Riforma, e la delusione a un anno di
applicazione della legge: il numero dei fallimenti è crollato in media del 40%
(ma in alcuni casi si è arrivati anche a quasi il 90%) e il concordato
preventivo non è decollato affatto.
La non fallibilità inoltre ha reso gli imprenditori più
disinvolti, producendo una fascia ampia di impunibilità. Sarebbe essenziale -
ha evidenziato Martino - per il decollo dei nuovi strumenti di soluzione della
crisi il coordinamento con la legislazione fiscale per quanto riguarda
l’assenza di esenzione dalla tassazione delle sopravvenienze attive derivanti
dagli accordi di ristrutturazione dei debiti, contrariamente a quanto avviene
nel concordato preventivo. Gli accordi di ristrutturazione spesso avvengono in
realtà di crisi finanziarie di aziende che invece possono
anche avere conti economici positivi o in pareggio. Quindi
l’effetto della tassazione delle sopravvenienze attive risulta essere un
forte deterrente nell’applicare l’istituto.
I lavori sono stati coordinati da Claudio Pastori,
presidente della Commissione Gestione Crisi d'Impresa dell'Ordine di Milano,
che ha voluto sottolineare come sia importante l'intervento delle banche e dei
professionisti, a condizione che si creino tavoli di lavoro comuni, della cui
importanza gli imprenditori devono essere sempre più consapevoli.
Carlo Bianco, vicepresidente della Commissione Gestione Crisi d'Impresa
dell'Ordine di Milano, ha affrontato il tema del ruolo del
commercialista nelle nuove procedure. C’è una tendenza - ha sostenuto - a
voler trasferire sul curatore funzioni che non gli sono proprie per sopperire
alle deficienze dell’amministrazione. Questo purtroppo avviene da tempo con
l’amministrazione finanziaria per adempimenti e responsabilità che oggi devono
essere eseguite dai commercialisti quando prima erano a carico dei contribuenti
o dell’amministrazione.
Se dovessero essere modificati i criteri dell’art. 1 della
legge si ritornerebbe a concentrare l’attenzione del curatore su finalità che
si allontanano dalla salvaguardia dell’azienda. Un ritorno al passato su
un’area di cui proprio non se sente il bisogno.
Stefano Ambrosini, professore straordinario di diritto commerciale
all'Università del Piemonte Orientale è intervenuto sugli aspetti più
problematici della disciplina di concordato e accordi (trattamento dei
creditori e ruolo del tribunale, in particolare), emersi dalla recente
giurisprudenza, e sulle possibili "correzioni" da apportare in sede
legislativa onde rendere tali strumenti più appetibili da parte degli operatori
economici.
Giuseppe Morandini presidente della Piccola Industria di Confindustria,
condividendo la posizione dell'Ordine di Milano sugli interventi preventivi, ha
affermato che va riconsiderata la logica con cui si valutano le crisi
d'impresa, abbandonando imposizioni punitive e considerando il fallimento una
fase possibilmente da evitare ma fisiologica nella vita di un'impresa, che può
comportare ripartenze positive.
Margherita Bianchini vicedirettore generale di Assonime,
ha ripercorso le tappe principali della riforma delle
procedure concorsuali attuata con il duplice intervento del decreto
legge 14 marzo 2005 n.35 (convertito dalla legge 80 del 14 maggio
2005) e del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, ricordando
come la riforma ha inteso modificare la 'filosofia'
delle procedure concorsuali, intese come strumenti
per garantire la conservazione dei mezzi
organizzativi dell’impresa, assicurandone, ove possibile,
la sopravvivenza. Ha anche evidenziato le lacune e gli aspetti che
saranno oggetto di modifica che riguardano innanzitutto
l'ambito di applicazione della disciplina; gli organi,
le soluzioni concordate e gli aspetti processuali. Da ultimo,
ma primo per importanza, la delega
per la modifica della disciplina penale.
Mauro Vitiello giudice Sezione Fallimentare del Tribunale di Milano, è
intervenuto sulle possibili modifiche inerenti alle prerogative e ai rapporti
tra gli organi delle procedure concordato preventivo compreso), alcune delle
quali di taglio "conservativo", che già si vanno instaurando nei
tribunali
fallimentari.
Luciano Camagni, direttore generale del Credito Artigiano, ha
illustrato l’esperienza americana che, al contrario della normativa Italiana,
nel Bankruptcy Code disciplina anche la crisi della PMI, evidenziando
l’esigenza che anche nel nostro paese si trovino gli strumenti necessari alla
soluzione della crisi della PMI, soprattutto con il contributo delle Banche e
dei professionisti che, pur nel rispetto dei compiti, debbono necessariamente
assumere un ruolo attivo di
affiancamento del piccolo/medio
imprenditore nella risoluzione della crisi.
Luciano Panzani giudice
della Suprema Corte di Cassazione ha analizzato le innovazioni della Riforma
che a suo giudizio, stando al testo attuale, va vista in termini positivi. Si
trattava infatti di ridurre le soglie, ma non troppo, e soprattutto di
migliorare il testo onde porre
rimedio alle aporie tecniche del legislatore del 2006, evitando le mille
interpretazioni che sono state proposte. Ha anche affrontato i problemi più
rilevanti che il testo attuale presenta, con particolare riferimento alla
giurisprudenza di Milano, Torino, Roma e Firenze ( la questione
dell'applicabilità dell'art. 2083 c.c.).