Giustizia
Gli avvocati italiani sono nella maggioranza dei casi (52,1%) favorevoli a forme di pubblicità delle loro specializzazioni e dei servizi offerti; più di un terzo (39,5%) dispone di uno studio ben organizzato, anche in forme associate di studio professionale con articolazioni complesse idonee alla competizione sui mercati terziari delle professioni e delle imprese; la qualità professionale la misurano sulla base della fidelizzazione dei clienti (63,6%) e della formazione continua (76,1%) ; il 42% dichiara che nel proprio lavoro l'intreccio fra competenze professionali e attività imprenditoriali è già molto evidente. In sostanza, per gli avvocati vale l'equivalenza "più mercato, più successo", nella consapevolezza di essere in grado di fronteggiare le sfide che le logiche di un confronto competitivo professionale aperto impongono. È quanto emerge dal Rapporto Censis sull'avvocatura presentato oggi a Roma. Il Censis ritiene tuttavia che tali punti di forza non escludono altrettante criticità per il futuro sviluppo della professione. La prima riguarda la maturazione dell'autonomia professionale, sia facendo riferimento al segmento professionale più debole, ovvero quello dei praticanti, sia in relazione alla possibilità di creare uno studio nuovo rispetto a quello in cui si comincia a lavorare, operazione "molto difficile" per il 73% degli intervistati sotto i 45 anni, e per l'83% è altrettanto difficile la possibilità di farsi un proprio nome. L'ipertrofia della professione e le correlate difficoltà che emergono in molti contesti locali, vista la saturazione delle piazze di riferimento, pongono soprattutto i giovani nella difficile situazione di rimanere parcheggiati per molto tempo nello studio di altri. Il secondo problema, invece, ha a che fare con il dualismo territoriale, per cui i professionisti meridionali e segnatamente i giovani avvocati del Sud sono i soggetti che soffrono delle criticità più forti sul piano dello sviluppo; si nota che gli avvocati meridionali tengono più all'aggiornamento (82,4%) che alla fidelizzazione del cliente (51,8%). D'altra parte è un aspetto che il Censis ha segnalato più volte con riguardo alla distribuzione degli avvocati in Italia, particolarmente concentrati in zone del paese in cui la produzione di valore aggiunto è più bassa e si trascina dietro un'altrettanto bassa dinamica di efficienza professionale. "Il primo problema che gli organismi associativi della professione devono affrontare", ha commentato Giuseppe De Rita, "consiste nella necessità di riconoscere le profonde differenze che caratterizzano gli oltre 150 mila iscritti agli ordini professionali, e quindi operare una opportuna segmentazione degli stessi per bisogni, opportunità, aspettative differenziate, perché politiche indifferenziate di governo della categoria potrebbero limitarne in futuro la leadership che in questo momento oggettivamente riveste nel mondo professionale".