Sanità
La Commissione europea vuole sancire il diritto dei cittadini a farsi curare all'estero non solo quando ciò sia giustificato da liste d'attesa troppo lunghe, ma anche quando le condizioni cliniche lo rendano necessario. È quanto prevede una proposta di direttiva che l'esecutivo comunitario dovrebbe varare il 20 novembre prossimo. Elaborata in seguito alle sollecitazioni giunte dai ministri della salute dei Paesi Ue e dall'Europarlamento, nonché in seguito ad alcune sentenze emesse dalla Corte di giustizia del Lussemburgo, la direttiva, secondo fonti comunitarie, 'servirà a chiarire e dare un quadro normativo certo di riferimento' per una problematica sociale di primaria importanza. Secondo alcune anticipazioni pubblicate dal 'Financial Times', la direttiva dovrebbe facilitare le procedure che dovranno essere seguite per poter ricevere le necessarie cure in una struttura sanitaria di un Paese membro diverso da quello di origine del paziente. Il rimborso delle spese sarà a carico del sistema sanitario del Paese di provenienza e sarà effettuato nella misura prevista dallo stesso sistema. Per quelle cure che possono essere fornite senza ospitalizzazione, non dovrebbe essere necessaria la richiesta di particolari autorizzazioni. Cosa che dovrà invece avvenire nei casi piu' complessi sulla base di referti medici. Secondo la bozza di direttiva elaborata dai servizi del commissario Ue alla salute Markos Kyprianou, nessuna autorizzazione preventiva per cure ospedaliere potrà essere rifiutata se il trattamento in un altro stato membro è funzionale alle condizioni del paziente e al suo stato di salute. Prima del suo varo, la proposta di direttiva, che tocca aspetti estremamente sensibili per i sistemi sanitari nazionali, potrebbe ancora essere modificata. Ma nella sua versione attuale essa tocca anche altri aspetti importanti della sanità. Con il provvedimento si intende introdurre il principio del mutuo riconoscimento delle ricette e fissare delle linee guida che consentano a dottori e altri professionisti (ad esempio i fisioterapisti) di lavorare in altri Paesi dell'Unione. L'ultima sentenza della Corte di giustizia del Lussemburgo in materia di cure all'estero risale al maggio del 2006 quando i giudici europei si pronunciarono sul caso di una signora britannica che per ridurre i tempi di attesa aveva chiesto l'autorizzazione a farsi operare all'estero, autorizzazione che le era stata negata. La sentenza emessa in quella circostanza sancì che per rifiutare l'autorizzazione a farsi curare all'estero il servizio sanitario nazionale deve stabilire che tale tempo non sia superiore a quello accettabile sotto il profilo medico tenendo conto dello stato di salute dell'interessato.