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Riforma delle professioni

di Marco Bernardini
Dopo l’intensa attività parlamentare di fine anno sulla Legge Finanziaria, un nuovo banco di prova per la maggioranza in carica sarà costituito nella primavera dall’atteso iter di riforma delle professioni e della previdenza dopo i primi sussulti scatenati lo scorso settembre dalla cosiddetta “Legge Bersani”. Alle proposte del Governo finora l’attuale opposizione ha ribattuto muovendo un essenziale problema giuridico, di natura costituzionale: infatti, a causa della riforma del Titolo V della Costituzione, la competenza concorrente tra Stato e Regioni blocca l’iter di molti progetti di legge, fra cui quello ormai indispensabile sulle professioni che è divenuto un mosaico incompiuto. Con la risoluzione del conflitto di competenze fra Stato e Regioni, tra le proposte dell’opposizione si registra quella sull’affidamento a quest’ultime, in collaborazione con gli Ordini, di programmi di sostegno per i tirocinanti più svantaggiati, riconoscendo agli Ordini un ruolo imprescindibile ed alle associazioni non regolamentate un adeguato riconoscimento. Su questi temi si è espresso anche Mario Landolfi, attuale Presidente della Commissione Parlamentare di Vigilanza sulla Rai. “Si tratta di problemi fondamentali da risolvere per la nostra società ed i nostri giovani, i professionisti di oggi e di domani, come abbiamo già voluto ribadire nella nostra proposta di legge, di cui è prima firmataria la collega on. Siliquini. Si è trattato di una proposta di “legge quadro” che vuole lasciare al dibattito fra legislatore ordinario e parti in causa, i nostri professionisti, la declinazione della regolamentazione, puntando sulle nuove doti professionali dell’autoimprenditorialità, e sulle capacità di espansione e valenza produttiva per un rilancio del nostro paese e delle stesse professioni”. In cosa altro si dimostra innovativa la vostra proposta di legge? “Questa proposta va in controtendenza rispetto a quanti auspicano la sostituzione degli studi professionali con “società di servizi”, dando spazio ad un mercato non regolamentato. In questo modo vogliamo garantire la tutela del diritto e rapportare il bisogno del consumatore alla eticità ed alla sicurezza, mostrando che le professioni hanno saputo evolvere il loro profilo dalle prime esperienze ordinistiche del XIX secolo, mantenendo allo stesso tempo sempre la competenza e il rispetto dei principi democratici. Un principio attestato dal vigente decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382, che riorganizza su basi democratiche gli ordini e i collegi professionali, in base al quale gli organi di vertice sono esponenziali del corpo professionale e liberamente eletti dall’assemblea degli iscritti”. La vostra posizione giuridica vanta una diretta discendenza dalle linee dettate dal legislatore comunitario… “Certamente, poiché la legislazione comunitaria non afferma la necessità di deregolarizzare le professioni intellettuali, di abolire gli ordini, le tariffe, i controlli all’accesso. Una disposizione che molti Stati seguono alla lettera e con successo. Penso, che un’equilibrata misura sarebbe quella da un lato di consentire agli studi professionali l’adozione di modelli organizzativi idonei a riunire forze e competenze plurime o diverse per meglio rispondere alla domanda della committenza ed affrontare la competizione globale; dall’altro, l’adozione di un modello organizzativo in cui il professionista possa porsi come “esperto indipendente e autonomo nelle proprie scelte tecniche”. Proprio partendo dalle esigenze poste dall’unificazione dei mercati e dei servizi nel territorio comunitario, la ventilata soppressione degli ordini e delle tariffe produrrebbe il passaggio della titolarità dei servizi professionali in capo a “chiunque” e, quindi, anche alle grandi imprese, come da anni richiesto da Confindustria, banche ed altri. A mio parere si realizzerebbe una pericolosa concentrazione dei servizi professionali in capo a pochi. Un vero e proprio oligopolio che se da una parte porterebbe alla distruzione del tessuto professionale italiano fondato sulla qualità e sulla deontologia dall’altra danneggerebbe i diritti del consumatore. La priorità deve essere il diritto del cittadino e delle imprese di “scegliere” il soggetto professionale presente sul mercato, certo della sua formazione, pratica e deontologia, in un regime di corretta concorrenza. Le libere professioni rappresentano uno dei pilastri del pluralismo e dell’indipendenza all’interno della società, assolvendo ruoli di pubblico interesse”. Nonostante questa pluralità e autonomia sono comunque necessarie delle regole per assicurare imparzialità, competenza, e responsabilità dei professionisti impedendo conflitti d’interesse o forme di pubblicità ingannevole. Qual è la vostra posizione su questo punto? “Gli Stati membri devono essere autorizzati a stabilire tariffe obbligatorie tenendo conto dell’interesse generale e non solo di quello della professione: la deregolarizzazione voluta dal governo parte da una falsa rappresentazione della realtà del mercato, con un’asimmetria tra domanda e offerta nell’occupazione giovanile e crisi nei settori della produzione industriale, che si vorrebbe risolvere diffondendo capitale finanziario nel terziario, soprattutto nel settore dei servizi professionali. L’indiscriminato aumento del numero dei professionisti non può ridurre i costi della committenza creando un’eccessiva manodopera intellettuale a basso costo, cui affidare il lavoro considerato routinario. Dagli ultimi rapporti del Censis risultano iscritti agli albi più di 1,8 milioni di professionisti, cui ne vanno aggiunti 500.000 appartamenti all’area sanitaria non medica, grazie all’istituzione, con la legge n. 43 del 2006, di nuovi albi e ordini delle professioni sanitarie, per un totale di 2,3 milioni. Per tutti questi professionisti, appartenenti ad ordini di lunga tradizione o esercitanti in occupazioni emergenti sono necessarie delle regole democratiche e rispettose che assicurino la costituzione di società fra professionisti, l’obbligatorietà dell’iscrizione e la rappresentatività degli appartenenti agli Ordini professionali. Ma non solo, perché è anche indispensabile che queste società abbiano una loro ampia funzione normativa per tenere ed aggiornare gli albi, verificare i requisiti per l’iscrizione e garantirne la pubblicità ed infine, aspetto non secondario, per creare un sistema capace di dettare principi di deontologia con il ricorso ad eventuali procedimenti disciplinari. Regole democratiche che siano anche capaci di subordinare l’introduzione di nuovi Ordini alla verifica di determinati requisiti, quali la tutela di interessi costituzionalmente rilevanti, la necessità di salvaguardare l’utente e la definizione di attività riservate in esclusiva agli iscritti agli albi. A tal fine, per le professioni attualmente non organizzate in Ordini, è riconosciuta la possibilità di costituire libere associazioni. Una prospettiva di non poco conto e che consente di garantire la piena tutela della qualità della prestazione fornita agevolando ed allo stesso tempo rendendo più imparziale l’accesso dei giovani alla professione. Insomma, dalla questione della definizione delle tariffe alla redazione di una pubblicità informativa, passando per l’obbligo di assicurazione per i rischi professionali, penso che siano molti gli spunti per l’ormai imminente riforma del settore”.
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