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Riforma delle professioni

Ci siamo stupiti leggendo il documento del Cup sulla proposta Mantini/Chicchi di trovarci completamente d’accordo con il fatto che non può esserci professione laddove l’attività esercitata prevalentemente con lavoro intellettuale non sia espressione di una competenza Certo sarebbe riduttivo, miope, anacronistico e parruccone pensare che le competenze derivino esclusivamente dalla conoscenza formalizzata: l’Europa avrebbe davvero speso tempo inutile a parlare di formazione formale e formazione informale ed a equiparare le due tipologie di formazione e il Ministro Mussi avrebbe sbagliato a prevedere la valutazione dei crediti formativi del pregresso inteso come esperienza e formazione non formalizzata. Lo stesso decreto di recepimento della direttiva qualifiche, ormai in vigore, parla di titoli professionali equiparandoli agli studi necessari (quindi non necessariamente formalizzati) per svolgere un’attività professionale: non si può continuare a negare quello che ormai esiste!. La conclusione è che non esiste un sistema migliore di quello associativo che è in grado di provvedere alla formazione e al controllo dell’aggiornamento, sistema che alcuni Ordini stanno tentando, vanamente, di scimmiottare, non accorgendosi del limite invalicabile di essere enti pubblici. Naturalmente siamo sorpresi di scoprire che il CUP non consideri professioni intellettuali i ragionieri, i geometri e i periti, sol perché non hanno la laurea! Non condividiamo per nulla la proposta di un riconoscimento della professione e non dell’associazione perché è l’ennesimo ottuso tentativo di fondare nuovi ordini, di ancorare anche le nuove professioni ad un sistema statico non rappresentativo del mercato e dell’evoluzione delle competenze.
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